Chi è la Veolià

Chi è la Veolià

La Compagnie Generale des Eaux fu fondata in Francia nel 1853.Negli anni ’90 (del ‘900) fu rinominata Vivendi divenendo un conglomerato attivo nei media e nello spettacolo, che pero’ e’ crollato nel 2002. A questo punto il settore idrico Vivendi Environnement ha ricambiato nome e si chiama ora Veolia.                                   

A partire dagli anni 1950 e fino al 1995 (quando un provvedimento di legge vieta questa prassi) la firma di un contratto è spesso accompagnata da un versamento dell’impresa a favore dell’ente locale: il cosiddetto «droit d’entrée» (diritto d’entrata). Si tratta di decine, e a volte di centinaia di milioni di franchi, che però non vengono stanziati per le esigenze del ciclo idrico, ma alimentano il bilancio generale del comune, per rimpolpare le magre finanze locali o costruire impianti collettivi quali stadi, campi sportivi o piscine: insomma, si fa di tutto fuorché investire nelle risorse idriche. D’altra parte, e visto che la vocazione delle imprese non è la filantropia, a rimborsare quella spesa per tutta la durata del contratto è sempre l’utente, attraverso la bolletta dell’acqua. Così tocca all’ignaro consumatore pagare questo «regalo» elargito alla comunità. Il costo dell’acqua si sostituisce alle imposte locali: una prassi di cui è facile intuire i vantaggi politici per gli eletti (2).
Queste pratiche fondatrici del sistema francese hanno spianato la strada a ogni possibile abuso: opacità, bollette maggiorate, pratiche monopolistiche e così via. La Veolia e la Suez possiedono tuttora una decina di filiali comuni, titolari di contratti con altrettante grandi città francesi, in barba al Consiglio della concorrenza che ne ha chiesto la soppressione fin dal 2002. Per di più, è praticamente impossibile per un ente locale sapere quanti siano i dipendenti di un’azienda privata effettivamente addetti alle mansioni legate a un dato contratto, o accertare la reale entità di certe voci di spesa: ad esempio le «frais de siège» (spese di sede) conteggiate senza una giustificazione precisa; o l’effettivo utilizzo della «provvista di rinnovamento», che teoricamente dovrebbe servire alla manutenzione e al rinnovo delle reti distributive. Le somme in gioco sono dell’ordine di miliardi di euro (si veda l’articolo di Patrtick Coupechoux a pag 14) e centinaia di enti locali faticano, nonostante i loro sforzi, a ottenere informazioni più precise sul loro effettivo utilizzo.
Da una decina d’anni, tutte le inchieste pubbliche rivelano queste pratiche deteriori, che costituiscono una forma di corruzione strutturale: un fenomeno ben più esteso dei casi di arricchimento personale esplosi all’inizio degli anni 1990 (i cosiddetti «affari politico-finanziari», cioè i finanziamenti occulti dei partiti da parte delle imprese).
Una realtà che testimonia di una clamorosa carenza di controlli su un servizio pubblico essenziale. Emerge così la schiacciante responsabilità degli eletti e di tutta la classe politica (3).

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